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La delimitazione del presente

Gli esercizi spirituali non sono solo quelli della tradizione cristiana, ma risalgono all’antichità greca e mirano a farci apprezzare l’esistenza del presente, pur sullo sfondo della sofferenza. Alcuni sono molto interessanti soprattutto se letti alla luce della nostra esperienza quotidiana, sempre orientata a realizzare nel futuro quel che ci sembra non andare nel presente.

Sono tanti gli esercizi spirituali che si possono affrontare in consulenza filosofica, uno di questi è quello della delimitazione del presente, così descritto da Marco Aurelio, l’imperatore filosofo:

Perciò se separi da te, cioè dal tuo pensiero […] quanto tu stesso hai fatto o hai detto [nel passato] e quanto ti turba poiché deve accadere, […] e se separi dal tempo ciò che deve ancora venire e ciò che è già stato […] e se ti preoccupi di vivere solo ciò che stai vivendo, cioè il presente, potrai vivere il tempo che ti rimane fino alla morte, senza turbamento, con benevolenza e serenità…

Marco Aurelio

L’esercizio ci costringe a concentrarci sul presente senza farci opprimere dal passato o agitarci per un futuro incerto. È un atteggiamento squisitamente stoico che mira a trasformare immediatamente il nostro modo di pensare, di agire, di accogliere gli eventi. 

Questo esercizio può apparirci nella sua estrema attualità facendo un semplice evento: smartphone alla mano, sezione statistiche di utilizzo, quando passiamo nel mondo virtuale? Quanto tempo deleghiamo a fare cose “in vista di” senza stare nel presente? Oppure quanto tempo passiamo a pensare a come organizzare il futuro? La prossima cena da organizzare, cosa fare il prossimo weekend, quando avrò i soldi necessari per acquistare quella macchina..

Il presente basta alla nostra felicità perché è l’unica cosa che ci appartiene veramente, che dipende da noi. Per gli stoici la felicità è perfetta a ogni istante e non aumenta con la durata. Cioè non è una questione quantitativa: quando sarò più ricco, quando avrò più successo, quando realizzerò quella cosa che desidero… 

Infatti, citando il commento di uno dei grandi studiosi della filosofia antica, P. Hadot:

Come momento propizio, opportuno, un’occasione favorevole è un attimo in cui la perfezione non dipende dalla durata, ma dalla qualità, dall’armonia che esiste tra la situazione esterna e le possibilità a disposizione: la felicità è precisamente l’istante in cui l’uomo è interamente in accordo con la sua natura.

Ricordati di vivere, Hadot

Ecco il fine dell’esercizio, essere presenti a sé stessi nel momento presente, sapere cosa è in nostro potere pensare e agire e lasciar andare cosa invece non dipende da noi. 

C’è a questo proposito un vecchio famoso romanzo degli anni ‘60 che può essere letto in questa luce e che tratteggia in modo illuminante e amaro il nostro non stare nel presente: Le cose di Perec. 

Gli sarebbe piaciuto essere ricchi. Credevano che avrebbero saputo esserlo. Avrebbero saputo vestirsi, guardare, sorridere come persone ricche. Avrebbero avuto il tatto, la discrezione necessari. Avrebbero dimenticato la loro ricchezza, avrebbero saputo non ostentarla. Non se ne sarebbero vantati. L’avrebbero respirata. I loro piaceri sarebbero stati intensi. Gli sarebbe piaciuto camminare, bighellonare, scegliere, gustare. Gli sarebbe piaciuto vivere. La loro vita sarebbe stata un’arte del vivere.

Tutto ciò non è facile, anzi. Per quei due giovani, che non erano ricchi, ma che desideravano esserlo solo perché non erano poveri, non poteva esserci situazione piú scomoda. Avevano solo ciò che meritavano di avere. Proprio nel momento in cui sognavano spazio, luce, silenzio, erano riportati alla realtà, neppure sinistra, ma semplicemente angusta – e forse era ancor peggio – di un alloggio esiguo, dei pasti quotidiani, delle vacanze rimediate. Era ciò che corrispondeva alla loro situazione economica, alla loro posizione sociale. Era la loro realtà, e non ne avevano un’altra.

Le cose, Perec